Un GDPR per domarli tutti

Nell’edizione del 20 Giugno 2021, il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo, poi ripreso e ampliato nell’inserto settimanale “Economia” dal titolo provocatorio “Il Signore dei Cavilli”.
Parafrasando Tolkien ed evocando tra le righe l’Oscuro Signore di Mordor capace di tenere in scacco le Libere Genti della Terra di Mezzo, il giornalista porta sul banco degli imputati come colpevole dei malanni dell’economia italiana la tutela della privacy.
Il GDPR, che fa da argine alla voracità con cui i colossi dei big data ambiscono ai dati personali, viene considerato un limite evidente se non una forma di ottusa tirannia del diritto che, come il Necromante di Minas Morgul, inizia ad allungare la propria nefasta ombra sul tessuto economico del paese.
Il regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679 (GDPR), testo normativo europeo principale per la tutela dei dati personali, come Unico Anello forgiato per incatenare la volontà e la libertà di chi vuole lavorare e, soprattutto, fatturare in libertà.


Fuori dalla metafora, il primo e più prestigioso quotidiano nazionale italiano suggerisce di anteporre la deificazione del mercato al diritto inalienabile del cittadino alla privacy e alla tutela di questa.
Inutile sottolineare come nel momento in cui si decide di sacrificare al Moloch dell’economia la salvaguardia della vita privata degli individui ridotti a dati liberamente scambiali, commerciabili e manipolabili da entità terze impersonali, si compie un passo decisivo verso il baratro etico quanto normativo.
E il grande abbaglio, per non dire sbornia da globalizzazione, preso dalla redazione di Via Solferino si intravede chiaramente nel passaggio in cui, nell’articolo in questione, viene evocata la “liquidità” della società moderna e delle sue esigenze commerciali, dimenticando che il sociologo che ha definito tale termine, Baumann, usava tale aggettivo in termini critici e negativi, sottolineando come i processi racchiusi sotto tale neologismo conducono all’atomizzazione della società e dei legami tra gli individui che la compongono.
L’utopia del libero mercato digitale che si ribalta rivelandosi come distopia disumanizzante e disgregatrice.


Se poi si inquadra l’intera argomentazione da un punto di vista logico è inevitabile avvertire una evidente presbiopia intellettuale là dove si tende a vedere le cose in modo perfetto dalla distanza ma si è incapaci di mettere a fuoco i loro contorni da vicino.
La “grande fame” di dati dei mercati tende ad assumere, in modo esponenziale, i caratteri della bulimia, una voracità che non riesce a controllare i propri appetiti, arrivando fino a negare i suoi stessi presupposti pur di saziarla.
A dimostrazione di questo vi è lo strabismo con il quale la stampa affronta a giorni alterni l’argomento.
Da una parte si invoca una diminuzione dei vincoli della privacy così da rendere maggiormente fluida la gestione dei dati e l’accesso agli spazi digitali delle vite private degli individui così da velocizzare la responsività e aumentare la precisione degli strumenti commerciali e, di riflesso, il movimento di capitali tra i soggetti privati.
Dall’altra, sempre su quelle stesse colonne, non passa giorno dove la cronaca non segnali il moltiplicarsi degli attacchi informatici, della crescita esponenziale della cyber-pirateria, degli attacchi ransomware in grado di mettere in ginocchio la principale fonte energetica di parte del continente americano, come nel caso del blocco della Colonial Pipelines.
Sempre su quegli stessi giornali, nei mesi passati, abbiamo letto e appreso del trafugamento di milioni di dati personali dai database dei principali colossi del mondo social.
Presbiopia e strabismo appunto della stampa nazionale che ruota costantemente il timone senza però essere in grado di mantenere una rotta precisa sull’argomento.


Noi di Coding Moth riteniamo profondamente sbagliato e iniquo questo visione utilitaristica di un aspetto così intimo della vita delle persone.
Per noi il GDPR non è l’Unico Anello tolkeniano con il quale la malvagia burocrazia europea impastoia il mondo economico bensì rappresenta l’ultima difesa, il Fosso di Helm delle normative etiche per restare in tema, contro la prepotenza, l’arroganza e l’insaziabile fame di dati delle grandi multinazionali.
Difendere la privacy dei cittadini e dei consumatori ancora prima di un diritto è un dovere, una priorità assoluta di ogni realtà lavorativa che operi in quei settori, tra cui l’informatica, in cui si venga a contatto con dati sensibili inerenti la privacy.
Chi dice altrimenti è in evidente malafede e, sopratutto, non ha in alcun modo in vista l’interesse della società e il benessere dell’individuo.

Giuseppe Pasquali
Content Manager Coding Moth srl